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La lavorazione del formaggio e il Matüsc

Il Matüsc è un caratteristico “formaggio magro”, ancora diffuso nelle Valli del Bitto e in particolare nei maggenghi della zona di Albaredo. Il nome deriva forse da un termine celtico che significa “panno” (con cui veniva coperta la forma).
Il Matüsc era un formaggio fatto in casa, ad uso della famiglia. Così come altri prodotti, questo formaggio ha rivestito un ruolo importantissimo per l’alimentazione dei ceti più umili.
Per produrlo si utilizza tuttora il latte di più mungiture, lasciato riposare anche 48 ore: una volta privato della panna affiorata, si miscela direttamente in caldaia il latte crudo della mungitura. La coagulazione si ottiene aggiungendo il caglio al latte riscaldato a 35°- 36° C, in quantità tale da ottenere un coagulo fermo in circa 25-30 minuti.
Rotta alle dimensioni di un chicco la cagliata, per circa una decina di minuti, è cotta alla temperatura di 38°- 40°C; ultimata la cottura e dopo una breve sosta, la cagliata è estratta o con la “pata” (tela fine a trama larga) o con il “caròt” (recipiente in legno con fori sul fondo). La cagliata posta nella “fascera” (stampo circolare di legno), subito dopo essere stata estratta,è sottoposta a pressatura per almeno 12 ore; trascorso questo periodo il formaggio è trasferito in cantina dove entro le prime 24 ore è salato manualmente e qui comincia la stagionatura.

Per avere un'idea completa della produzione del formaggio dobbiamo partire da lontano, dall'alpeggio, cioè lo sfruttamento sistematico durante i mesi estivi dei pascoli d'alta montagna da parte delle vacche, il cui latte viene lavorato sul posto.
Una delle prime operazione per ottenere un buon formaggio è la mungitura che viene effettuata due volte al giorno, ogni mattina e ogni sera dalle 4.30 alle 7.30. I mungitori siedono su un apposito sgabello rotondo con una gamba sola. Il mungitore lavorava con entrambe le mani e spingeva spesso con forza la testa nel fianco della vacca e per questo portava un piccolo copricapo. Per raccogliere il latte vengono utilizzati diversi tipi di recipienti, ma il più comune è il secchio da mungitura.
Il latte da caseificare viene scaldato sul fuoco in un contenitore di rame, la caldaia. Le grandi caldaie delle Alpi possono contenere fino a 2-3 quintali di latte.
La caldaia di rame deve essere collocata sul fuoco per poter lavorare il latte e per questo è sostenuta da dispositivi meccanici che consentono di spostarla all’occorrenza e di rimetterla poi di nuovo sul fuoco. Il latte coagulato viene infatti tolto dal fuoco e quindi sminuzzato e di nuovo riscaldato e rimescolato, finché le particelle di formaggio che si separano non hanno raggiunto la dimensione desiderata. Per questa operazione si usano particolari bastoni con fili metallici paralleli chiamati “lira”, “chitara” o “sìtara”. Con questo strumento la cagliata viene sminuzzata, poi si continua a rigirare con un bastone con all'estremità un groviglio di filo metallico.
Ultimata la cottura, con la “pàta” si raccoglie il formaggio dalla caldaia, poi collocato nelle “fasèra e pressato com un 'asse di legno per far uscire il siero che potrebbe rovinare il formaggio.

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